Dobbiamo ricominciare a dare ragione alla maestra
di Francesca Porta
«La maestra ha ragione». Quando eravamo piccoli e amavamo lamentarci della scuola, i nostri genitori erano di solito irremovibili: «La maestra ha ragione», dicevano. Anche quando non erano del tutto convinti. Anche quando non era vero. Oggi, invece, le cose sono cambiate. Oggi la maestra ha spesso torto. Hanno ragione i figli, sempre. O quasi. A porre l'accento su questo fenomeno è stata, alcuni giorni fa, Francesca Tricomi con una lettera inviata a Mario Calabresi, direttore de La Stampa. Nella missiva Francesca (felice mamma di due figli che lavora al Centro di Innovazione di Telecom Italia dove studia e monitora l’evoluzione di società e tecnologia) rifletteva sul futuro di questi bambini, educati ad avere sempre ragione. Noi l'abbiamo incontrata per capire perché è urgente ricominciare a dare ragione alla maestra.
Cosa l'ha spinta a scrivere questa lettera?
«Solitamente si scrive per due motivi: perché si è innamorati di un'idea oppure perché si è arrabbiati. Nel mio caso valgono entrambe le regole. Sono innamorata dei miei figli e dell'infanzia e sono arrabbiata per alcuni episodi che ho visto capitare negli ultimi anni. Episodi che mi hanno indignato e mi hanno convinto a prendere in mano la penna. "Ci sono cose che vanno scritte", ho pensato».
Quali episodi?
«Frasi che ho sentito, vicende che mi sono state riportate dalle amiche. Diversi casi che hanno reso evidente l'esistenza, oggi, di una grossa emergenza educativa. Per esempio, ho sentito numerosi genitori lamentarsi del comportamento delle insegnanti dei loro figli: "Poverino, gli hanno dato troppi compiti"; "Poverina, le hanno chiesto di imparare una poesia di Carducci"; "Poverini, li hanno costretti a vedere il film del brutto anatroccolo e si sono messi a piangere". Ho capito che i genitori sono sempre pronti alla critica, ma non più nei confronti dei figli, bensì dei loro insegnanti! È come se il mondo si fosse capovolto».
Una volta le maestre avevano sempre ragione, i figli torto.
«Esatto. La nostra generazione è cresciuta così, e molte generazioni prima di noi. Oggi, invece, è il contrario: i bambini sono perfetti. E devono avere sempre ragione. I genitori si arrogano il diritto di salire in cattedra e giudicare gli insegnanti, il loro comportamento e persino il programma didattico. Anche se non è il loro mestiere e, la maggior parte delle volte, non sanno di cosa parlano. L'importante è accondiscendere alle richieste e alle lamentele dei figli. Trasformandosi, più che in genitori, in avvocati difensori».
Quali sono i rischi di questo comportamento?
«Il rischio è quello di crescere una generazione di figli seduti e inetti, oppure di prepotenti che credono di sapere tutto. L'eccessiva accondiscendenza priva i bambini di quelle sane critiche che li aiutano a crescere. Li priva dell'esperienza, altamente educativa, di dover affrontare e accettare una visione del mondo diversa dalla propria. Li preserva ingiustamente dall'occasione di combattere per le proprie idee, di ambire all'emancipazione. Nel tentativo di proteggerli, in realtà li danneggiamo».
Cosa possiamo fare per invertire la tendenza?
«Tornare a dire no. Perché, lo sappiamo, i no aiutano a crescere. E ricominciare a criticare i propri figli quando è il caso, perché è utile prima di tutto a loro. Al percorso di crescita e di emancipazione che devono compiere per diventare degli adulti consapevoli e intellettualmente onesti. Quando si tratta del rapporto scuola-famiglia, poi, dobbiamo assolutamente tornare a dare ragione alla maestra. Non perché è infallibile (sappiamo bene che non è così), ma perché i bambini devono comprendere che le loro azioni hanno delle conseguenze e che la mamma e il papà non saranno sempre pronti a coprire le loro spalle. È una mia opinione, ovviamente, e non ho la pretesa di aver ragione. Ma sono convinta che ci sia una vera e propria emergenza educativa. Che dev'essere risolta al più presto».
http://www.vanityfair.it/news/societ%C3%A0/13/11/27/educazione-figli-rapporto-insegnanti-maestra
algunas veces tienen razón, otras no
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